Monumentando, il dovere della trasparenza

Monumentando, il dovere della trasparenza

Pietro Treccagnoli
Si trasforma in terreno per sotterfugi e opacità che nel mentre si chiariscono fanno girare a vuoto le lancette degli orologi. Per fortuna, Napoli continua a essere amata dai visitatori che potrebbero avere ancor di più di quanto la città già offre loro, i napoletani sono privati di beni culturali e architettonici di cui allietarsi e andare fieri.
Al di là di qualsiasi furore ideologico, che pure sembra allignare nelle pieghe della battaglia contro «Monumentando», resta il fatto di restauri che hanno fatto sollevare dubbi all’Anac e hanno suscitato la voglia di portare subito a casa il plusuvalore pubblicitario, senza essere lungimiranti. La solita logica di pochi, sporchi e subito. Nel piatto resta il boccone più grosso, con il quale è necessario andare cauti. È l’Arco di Trionfo aragonese del Maschio Angioino, gioiello inestimabile del primo Rinascimento europeo. Che abbia bisogno di un restauro lo si vede a occhio nudo. Non ci si mette mano da trent’anni. Sono cresciute erbacce dalle radici corrosive tra i marmi di Francesco Laurana. Guano di piccioni che procura con il tempo un danno incalcolabile. Per rimetterlo in sesto c’è bisogno di competenze di altissimo livello. Come fu trent’anni fa, quando fu realizzato il restauro voluto dalla Fondazione Napoli Novantanove di Mirella Barracco e sponsorizzato da una società dell’Iri-Italstat. Costo un miliardo di lire. Solo i ponteggi per le indagini preliminari sullo stato del monumento costarono cinquanta milioni di lire. Tutto fu realizzato, sotto il controllo stretto della Soprintendenza ai Beni Culturali, guidata allora da Nicola Spinosa. Ci vollero due-tre anni per completare il tutto. Appena un anno dopo, per una protesta contro l’amministrazione comunale fu imbrattato con vernice il leone. Scattò immediatamente l’indignazione della città e della sua società civile. Cose che non accadono più, purtroppo. E il danno fu riparato prontamente. Da allora niente, solo un progressivo decadimento.
Ecco, il capolavoro voluto da Alfonso d’Aragona è un gioiello da trattare con alta professionalità. Ciò non esclude che anche gli altri monumenti abbiano bisogno di cure adeguate, rapide e certe che non diventano solo un meccanismo per acquisire visibilità e nascondere la bellezza. E senza trucchi da prestigiatore.
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